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Ballata di fine millennio
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Trascinante spettacolo di moniti, facezie e songs, ma anche cospicuo oratorio di poesie, di spiritualità e di memorie, e al tempo stesso istruttivo catalogo di domande, sgomenti e musiche struggenti, Ballata di fine millennio di Mara Cantoni e Moni Ovadia può definirsi un geniale e lirico cabaret sulle illusioni di un secolo, il nostro, che coincide col tramonto di un millennio.
(Rodolfo Di Giammarco,
la Repubblica, 22 marzo 1997)
Questo emozionante spettacolo tanto mitteleuropeo, ma anche tanto “internazionalista”, che sbeffeggia Hitler, i nazisti, i fascisti, Stalin, la pianificazione e i falsi miti di oggi è come un piccolo vademecum di teatro politico e dei modi per farlo: cartelli con scritte, megafoni da agit prop, songs (...) In questo viaggio negli anni e negli eventi, nel dolore e nella felicità, nella perdita delle illusioni, nella lotta, punteggiato dalle danze struggenti di una coppia nerovestita, c’è tutto il senso di un percorso che ci accomuna e ci divide, fatto di solidarietà e di riflessione.
(Maria Grazia Gregori,
l’Unità , 20 febbraio 1996)
C’è tutto un secolo che se ne va e fa l’inventario delle proprie polverose soffitte, ideologiche e non (...) Ma su quel palco, fra un cartello e un megafono, fra il cabaret di Karl Valentin e qualche pagina di Majakovskij, c’è anche un’acuta riflessione sul presente, forse persino sul futuro. Si parla di noi, dell’uomo che abiterà il nuovo millennio, della follia di questo mondo che lasceremo in eredità ai nostri figli. (...) Sarebbe piaciuto ad Allen Ginsberg, questo spettacolo povero e ricchissimo, che parla all’intelligenza toccando anche le corde del cuore.
(Carlo Muscatello,
il Piccolo, 10 aprile 1997)
E’ uno spettacolo di tale grazia e di tale violenta intensità, che definirlo trascinante è poco.
(Osvaldo Guerrieri,
La Stampa, 2 marzo 1996)
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Nella costruzione di Ballata
il rapporto con l'immagine è stato
particolarmente importante.
Ne ho parlato allo IED •
Una lettera a Diario tocca, in modo marginale ma non inconsistente,
anche questo spettacolo •
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Veloce, scapigliato, vitale, divertito. Con qualche
ombra di décadence. Uno spettacolo fatto, per così dire,
...con la mano sinistra, forte di intese e di complicità giunte
sul limitare del linguaggio cifrato.
Uno spettacolo fondato
su una gran chiarezza di idee
e di intenti, su sentimenti veri, disincantati forse, ma presenti.
Se Ballata ricalcava un modello strutturale ormai consolidato
e toccava luoghi tematici già perlustrati in precedenti teatrali e non, la sua specificità stava altrove: era destinata al Festival Brecht, e doveva misurarsi
non solo con il signor B.B.
ma con lo storico Piccolo Teatro
di via Rovello.
E dunque... che fare?
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• In teatro...
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Parole...
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uno spettacolo di Mara Cantoni e Moni Ovadia
elaborazioni e arrangiamenti musicali di
Carlo Boccadoro Maurizio Dehò Alfredo Lacosegliaz
Gian Pietro Marazza
allestimento scenico e costumi di Luigi Benedetti
suono di Mauro Pagiaro luci di Gerardo Modica
con Moni Ovadia
Mara Cantoni Lee Colbert Elena Sardi
TheaterOrchestra
Ivan Calaminici Gianni Cannata Amerigo Daveri
Maurizio Dehò Cosimo Gallotta Aleksandar Karlic
Alfredo Lacosegliaz Gian Pietro Marazza
Massimo Marcer Patrick Novara
Vincenzo Pasquariello Luca Trolese Emilio Vallorani
e i ballerini Ida e Ettore
produzione CRT Artificio
C’è Storia e storia
Un tango, un valzer, e in mezzo la Storia. Gli anni di Weimar, la miseria e la guerra, l’internazionalismo, le rivoluzioni tradite, il socialismo reale, la Germania divisa, il mito americano. Un valzer, un tango, e il profilo di Brecht. La sua giovinezza scapigliata, l’ideologia marxista, l’esilio, la vecchiaia.
Attraverso una ventina di canzoni, di Brecht-Weill e di Brecht-Eisler, ma anche di Bierman e di Vissotskij passando per il ghetto di Varsavia, attraverso le parole di tedeschi e di russi eccellenti (da Tucholsky a Enzensberger a Majakovskij) nonché dello spettro dell’ebreo errante che si aggira, la Ballata di fine millennio rimette l’accento su quel punto d’intersezione tra privato e politico, tra storia e Storia, che non è soltanto tema dominante nella vita e nell’opera di Brecht, ma nodo cruciale di ogni cultura e finalità da più di vent’anni lasciata alla deriva. Così si attraverseranno, ridendo e piangendo, momenti diversi e diversamente importanti di questo secolo, in uno spettacolo lineare e insieme bizzarro che non intende lesinare emozioni e qualche sorpresa.
Con buona pace dell’imperturbabile Brecht.
mc
febbraio 1996
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